E'
arrivata in biblioteca con un fare semplice, senza pose, attraverso la porta
secondaria, ma subito è apparsa con la naturale familiarità di chi è abituato a
stare in mezzo ai libri, ad usare ed amare libri e parole.
Così
Cristina Alziati, venerdì scorso, alla Biblioteca “M. Braccagni”, per parlare
del suo “Come non piangenti” (Marcos y Marcos 2011).
E
si è seduta in mezzo a noi, senza microfono per parlare, ma la sua voce si è
levata forte e chiara, nel silenzio della sala. Il silenzio che si fa davanti
ai poeti veri.
Cristina
Alziati ha parlato di 'res durae', del grumo di dolore inscritto nel nostro
essere uomini e nel nostro corpo, ma anche della 'ferita' che pure la gioia sa
aprirci. Lo ha fatto con una forza serena e pacata, con un coraggio che sembra
venire da lontano, “come non piangenti” appunto. Ha raccontato la sua storia di
poeta e di intellettuale, con i valori che ancora restano importanti.
In
mezzo alla persistenza del dolore, che rimanda alla nostra fragilità di uomini,
la perseveranza del pensiero. Lo sguardo sa andare lontano da sè, dal proprio
dolore, che pure è irredimibile e non si può dimenticare, e sa incrociare
quello degli altri, o meglio la barbarie, la tragica disumanità del nostro, e
non soltanto, tempo, della storia. E' la tragedia delle ratonnades, delle
stragi o mattanze cui la cronaca purtroppo ci abituato. “(...) una è la storia
/ che ci crepa”: uno spazio immenso di dolore si spalanca in questo verso, c'è
un io-noi segnato nel corpo dal dolore nel tempo e nella storia, perchè “dentro
quella, dentro / ciascuna ora del mondo senti / gemere il tempo del tempo che
resta”.
Ma
non c'è solo cupo dolore, nelle parole di Cristina Alziati, c'è l'apertura alla
gioia e alla speranza: “e provo intero il dolore, so la gioia intatta”. La
troviamo paradossalmente in un testo dedicato ad Etty Hillesum, una di quelle
figure che sembrano destinate “per questa terra a camminare in volo”. Ma la
troviamo, splendidamente luminosa, come un inaspettato miracolo, nei testi dove
si ascoltano le voci della natura e degli alberi: “Sono rimasta in un piccolo /
vento impigliata (...) / (...) La bellezza / degli alberi è impressionante, / te lo dico ora così”.
Dove la nostra voce si mescola, fino a confondersi, con quelle.
In
un'altra raccolta, si scriveva: “dove è negata, o pare, la speranza / una sola
ragione è resistere”. Cristina Alziati continua ad indignarsi e a questo modo
resistere alle delusioni o ai mali della storia e questa è una piccola,
preziosissima porta, tutta da difendere.
“Come
non piangenti” dunque è un libro che riesce ad entrare dentro e non ci
abbandona, anzi ad ogni passo finisce per attirarci, suadente proprio nel suo
linguaggio petroso, nelle sue pieghe più segrete e per non lasciarci andare.
Come
accade con i libri davvero importanti.
Claudia Corti
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